domenica 14 agosto 2011

sabato 2 luglio 2011

venerdì 24 giugno 2011

LA FISICA APPULA

Sapete chi è il primo ambientalista? Siete tutti convinti che i primi a tumulare i morti fuori dalle mura furono i francesi? Tutto questo è errato, il primo ambientalista è stato un Padre di Vico, ha scritto dei testi studiati all'estero ma ignorati in Italia, Vico del Gargano è stato il primo paese a tumulare i morti fuori le mura, grazie all'arguzia del Nostro genio Garganico. Date un'occhiata a questa opera letteraria poi mi dite.

Leggende sul cibo

giovedì 10 marzo 2011

L' arte di conservare la neve. Di Teresa Maria Rauzino

Neve e neviere  in Capitanata Lucia Lopriore, con una meticolosa ricerca, basata sui fondi documentari dell'Archivio di Stato di Foggia, proietta un fascio di luce su una vitale realtà produttiva pugliese

TERESA MARIA RAUZINO


In Sicilia, dall'Etna agli Iblei, da epoche antichissime fino ai primi del '900, era intensa l'attività della conservazione della neve che dava da vivere ai contadini e ricchezza ai nobili che ne avevano la «privativa». I principi Alliata, che avevano la «privativa» per Buccheri, erano attrezzati con le barche della neve (barche ra nive) per il trasporto della neve a Napoli e Malta.

Ma le neviere non esistevano soltanto in Sicilia. Anche qui da noi, in tutti i centri della Puglia, vennero creati dei depositi, le neviere appunto, da dove il prodotto veniva regolarmente distribuito al dettaglio dai nevaroli, che avevano avuto l’appalto del prodotto per i vari paesi.

Lucia Lopriore, con la sua minuziosa ricerca “Le neviere in Capitanata. Affitti, appalti, legislazione ” proietta un fascio di luce su questa vitale tradizione, sottraendola al silenzio e alla preziosa “muffa” dei documenti dell’Archivio di Stato di Foggia. I contratti d’appalto, documentati paese per paese, aprono uno spaccato su un mondo forse perduto. Il linguaggio “notarile”, burocratico, ostico per i non addetti ai lavori, acquista un senso.

Già dall’inizio dell’Ottocento, l’illuminista vichese Michelangelo Manicone, ne “La Fisica Appula”, attestò la presenza di neviere: “A San Marco (in Lamis) è ben vero, che nella state havvi molta neve conservata ne’ boschi”. “Quanto è caldo di està il clima Sammarchese, altrettanto è rigido nella invernale stagione. Cinta essendo questa popolazione all’Est, al Nord, ed all’Ovest da eccelse aspre montagne, vi cade spesso molta neve, che vi resta molti giorni; e di qui l’algente freddo di San Marco”. Rignano Garganico aveva un clima ancor più rigido: “Giace Arignano su di una grossa e nuda rupe, ed è dappertutto circondato da un suol pietroso. Più freddo di quello di San Marco è poi nel verno il suo clima”. E Manicone raccomandava caldamente allo sprovveduto “forestiere”: “Stattene qua solo nella stagione de’ fiori!”.

A quel tempo, in Capitanata, luoghi come San Marco in Lamis e Rignano, tradizionalmente vocati alla caduta degli “algidi cristalli”, alimentarono quindi una vera e propria catena del freddo. Dalle neviere, la neve veniva smistata nel Gargano Nord, dove i bianchi fiocchi non cadevano quasi mai, ma anche nei paesi in cui il prodotto locale non era sufficiente al bisogno. Come nel Palazzo Ducale di Urbino, le neviere erano spesso presenti negli ambienti ipogei dei palazzi. I Loffredo, signori di Sant’Agata, Bovino e Guevara ne possedevano due. La famiglia che ebbe la “privativa” della neve su Foggia fu quella dei Marchesi Cavaniglia, nobili “illuminati”, provenienti da San Marco dei Cavoti. In Capitanata detenevano i feudi di San Giovanni Rotondo e di Rodi Garganico. Già dal Settecento, mandavano i loro trabaccoli carichi di agrumi, non sappiamo se stipati anche di neve compressa, fino a Trieste. A Foggia i due prodotti vennero sicuramente smistati assieme. Anche nel caso della nobile famiglia rodiana, come per i siciliani principi Alliata, duchi di Buccheri, il cerchio si chiudeva, probabilmente, sul nesso: Neviere/agrumi/commercio. Un’ipotesi ancora tutta da sondare.

Anche in molte masserie fortificate nobiliari sparse nel Salento, vi erano delle neviere. Una “…neviera atta a conservar la neve…” è riscontrabile presso la masseria Favarella, di Acaya, di proprietà nel 1674 del pizzimicolo di Lecce Andrea Favarella, dal quale, poi, prese il nome attuale. Una delle neviere più grandi che si conosca è quella che si trova sotto il castello Carlo V, costruito dall’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya di Lecce. Anche Caprarica ebbe le sue neviere; una era posta, lo testimonia il Catasto Onciario del 1744, presso una casa-torre, di proprietà di Diego Brunetti, patrizio di Lecce (p. 244 del catasto). Il documento recita: “…Possiede il Palazzo con più e diverse camere superiori ed inferiori, stalle, rimesse e nivera con piccolo giardino di delizia, sito fuori l’abitato per uso proprio e del suo agente”.

La ricerca di Lucia Lopriore potrebbe essere “rilanciata” con lo spoglio dei Catasti Onciari pugliesi. Potrebbe sicuramente riservare delle inedite sorprese.

LUCIA LOPRIORE, Le neviere in Capitanata. Affitti, appalti, legislazione, Edizioni del Rosone, Foggia 2003, euro 18.



La proposta: un trekking fra le antiche neviere 

Le neviere sono dei monumenti non di arte ma della tecnica umana, degne di restauro e recupero, nelle loro tre tipologie a groppa, a dammuso e a cupola. Sarebbe auspicabile che, a livello di singolo comune, gli Uffici tecnici effettuassero un censimento delle neviere tuttora esistenti in Capitanata, per poi procedere al “restauro”, nell’ambito di una proposta di “archeologia industriale”. Il libro della Lopriore può far loro da guida, per individuare e localizzare i siti ormai interrati. Forse nel Subappennino, a Faeto, qualche presenza c’è ancora. Come ci sarà sicuramente in qualche luogo d’altura del Promontorio del Gargano o della Foresta Umbra. Affascina l’idea, già realizzata in certe realtà turistiche dei monti Iblei, di un “Trekking fra le antiche neviere”. Qui da noi si potrebbe creare un itinerario nell’ambito dei “percorsi” del Parco Nazionale del Gargano. Partire dalle neviere di Monte Sant’Angelo, di San Marco in Lamis, o della Foresta Umbra, di Cagnano Varano o di Vico del Gargano, per arrivare all’oasi agrumaria di Rodi, Ischitella e Vico del Gargano. Un percorso, completamente da inventare, quello del Trekking nelle neviere di Capitanata. Archeologia industriale, e percorso del gusto. Insieme. Da proporre ai numerosi turisti alla ricerca di tour diversi da quelli incentrati su sole e mare. Nulla di nuovo sotto il sole: è stato già “testato” in Sicilia. Nel 2001 Italia Nostra, sezione di Siracusa, per illustrarlo, ha pubblicato un libro dal titolo emblematico: “La neve degli Iblei. Piaceri della mensa e rimedio dei malanni”. Vi hanno contribuito autori vari, che hanno giostrato a tutto campo su questo tema monografico, mettendo in risalto anche il collegamento neve/ medicina omeopatica, oltre che neve/arte del sorbetto.



L’antica arte del sorbetto

La storia universale della sorbetteria è molto antica. Gli Assiro-Babilonesi, gli Egizi, i Greci, e i Romani utilizzavano la neve soltanto per raffreddare le bevande, non conoscevano il gelato. Furono gli Arabi, nel IX secolo d.C., a scoprire l'effetto «endotermico» del sale sul ghiaccio, che riusciva ad abbassare la temperatura di quei 5-6 gradi, consentendo la condensazione del liquido. Il salto di qualità avvenne quando la neve, il limone siciliano, lo zucchero e il sale, uniti all'acqua, furono utilizzati per creare il “gelato”. L’inglese “ora del the” aveva il suo corrispettivo, in alcune nobili dimore del Sud Italia, e specie in Sicilia, nell’ora del sorbetto. La degustazione di questa prelibatezza avveniva tra amabili conversazioni, commenti e giudizi degli ospiti e dei proprietari. Presso i nobili siciliani i maestri pasticcieri erano specializzati nella confezione di “sorbetti” a forma di arance, mele, frutta varia. Il siciliano Procopio De' Castelli, nel 1686 fece fortuna aprendo a Parigi una gelateria. Questo alimento “unico” divenne ben presto particolarmente gradito a piccoli e grandi. Ai tempi del “Grand Tour” i viaggiatori stranieri s'interessarono a questa risorsa tutta italiana. … E la fama del “sorbetto” si diffuse in tutto il mondo.

… Anche in Puglia. A Peschici, anche se pochi lo sanno, l’arte della gelateria è una tradizione importante che ha avuto riconoscimenti internazionali negli anni Settanta. D’obbligo, per i vacanzieri mitici del turismo internazionale, la sosta al “Barocco”. Il maestro gelataio Rocco Tavaglione divenne la guida di giornalisti importanti come Francesco Rosso e di artisti come Romano Conversano. I Tavaglione gestivano un deposito di ghiaccio a Peschici. Iniziarono producendo il fresco, inimitabile “sorbetto” con il succo e la polpa dei profumati limoni di Rodi Garganico per arrivare alle vellutate, inimitabili Creme al gusto di mandorla, di noce o di nocciola o la vellutata crema degli angeli. Oggi prodotte da Pina Gel secondo le segrete ricette di famiglia.



Il presente servizio di Teresa Maria Rauzino è stato pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 10 agosto 2003, p. 17

mercoledì 9 marzo 2011

Cos'è la protezione civile.

Cos'e'


Protezione significa difesa civile del cittadino: è quindi un sistema di autodifesa.
La Protezione Civile, anche se oggi viene chiamata in causa per tante, troppe risposte, altro non è che un Servizio di coordinamento a vari livelli:
Locale
Comunale
Provinciale
Regionale
Nazionale


Del Sistema fanno parti tutte le componenti operative presenti sul territorio nazionale, ai vari livelli. Quindi enti locali, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Enel, Telecom, Vodafone, Aziende Municipalizzate, 118, Corpo Nazionale del Soccorso Alpino, CRI, Associazioni di Volontariato, comuni cittadini (possibilmente in forma associata, quindi facenti parti di organizzazioni che li coordinano). Il Sistema ai vari livelli coordina le varie fasi.
Leggendo la Legge 225/92 si vede che Protezione Civile significa:
Prevenzione
Previsione
Soccorso
Ripristino


Il primo referente è e rimane il Sindaco (anche se oggi in molti casi assistiamo alla attività associata in Centri Intercomunali, Comunità Montane ecc.) che con la sua azione ha l'obbligo di prevenzione e pianificazione degli eventi (il fatto di realizzare questo in forma associata è cosa utile per parlare o svolgere questa attività in modo coordinato con i Comuni limitrofi, perché l'emergenza non segue il confine di un territorio) ed in caso di emergenza creare le ordinanze necessarie alla fase del soccorso e successivamente del ripristino.
La Misericordia rimane la cellula base incastonata nel suo territorio. Il creare l'UGEMcome Ufficio Gestione Emergenze di Massa è stato visto come punto di riferimento, coordinamento e formazione in base unica nazionale della Confederazione, perché tutte le Misericordie parlassero lo stesso linguaggio ed in caso di emergenza si formasse il Movimento Miseriocordie, dove tutti i confratelli sotto la guida di un Dirigente Responsabile, rappresentassero e operassero con il nome e lo stile del Movimento.
Le Misericordie da sempre sono state in prima linea, nei loro territori e disponibili per ogni parte del territorio nazionale, per rispondere al grido di aiuto. E come forza viva del territorio si sono rese amate dalla popolazione per la disponibilità, l'aiuto e l'opera svolta nelle fasi di soccorso di qualunque tipo.
Dall'ambulanza, mezzo più comune di riconoscimento e di operatività, le Misericordie oggi sono inserite nel Servizio di protezione Civile con una esperienza e una professionalità, dei Fratelli, a 360 gradi di operatività. Quindi non solo servizio sanitario, ma montaggio di tendopoli e campi base, Cucine, Gestione di funzioni all'interno dei C.O.C. , dei C.O.M. dei C.C.S., Tecnici di supporto per agibilità, Sommozzatori, Cinofili, Antincendio, Telefono Amico e servizi di assistenza psicosociale.
Un Movimento e un numero elevato di confratelli sempre pronti a muoversi per ogni dove, vicini sempre alla popolazione locale, nazionale e d internazionale.

Dal sito delle Misericordie.

Cosa fare in caso di rischio sanitario.

In caso di 



Cosa fare rischio sanitario

Conoscere un fenomeno è il primo passo per imparare ad affrontarlo nel modo più corretto e a difendersi da eventuali pericoli. Per questo il Dipartimento è impegnato in campagne di sensibilizzazione per diffondere alcune semplici regole su come prevenire o diminuire i danni di un fenomeno.
In questa sezione riportiamo le linee guida sui comportamenti da tenere in caso di ondate di calore e di epidemie, a cui si aggiungono i “Cosa fare” specifici per ogni rischio. Tra le regole di comportamento, rientrano anche le indicazioni per dare assistenza in emergenza a persone disabili, con accorgimenti specifici per le diverse forme di disabilità. 
 

Dal sito della Protezione Civile Nazionale

Cosa fare in caso di terremoto.

In caso di terremoto

Prima del terremoto • Informati sulla classificazione sismica del comune in cui risiedi. 
Devi sapere quali norme adottare per le costruzioni, a chi fare riferimento e quali misure sono previste in caso di emergenza 
• Informati su dove si trovano e su come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e gli interruttori della luce. 
Tali impianti potrebbero subire danni durante il terremoto 
• Evita di tenere gli oggetti pesanti su mensole e scaffali particolarmente alti. 
Fissa al muro gli arredi più pesanti perché potrebbero caderti addosso 
• Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, un estintore ed assicurati che ogni componente della famiglia sappia dove sono riposti 
• A scuola o sul luogo di lavoro informati se è stato predisposto un piano di emergenza. 
Perché seguendo le istruzioni puoi collaborare alla gestione dell’emergenza
Durante il terremoto • Se sei in luogo chiuso cerca riparo nel vano di una porta inserita in un muro portante (quelli più spessi) o sotto una trave. 
Ti può proteggere da eventuali crolli 
• Riparati sotto un tavolo. 
E’ pericoloso stare vicino ai mobili, oggetti pesanti e vetri che potrebbero caderti addosso 
• Non precipitarti verso le scale e non usare l’ascensore. 
Talvolta le scale sono la parte più debole dell’edificio e l’ascensore può bloccarsi e impedirti di uscire 
• Se sei in auto, non sostare in prossimità di ponti, di terreni franosi o di spiagge. 
Potrebbero lesionarsi o crollare o essere investiti da onde di tsunami 
• Se sei all’aperto, allontanati da costruzioni e linee elettriche. 
Potrebbero crollare 
• Stà lontano da impianti industriali e linee elettriche. 
E’ possibile che si verifichino incidenti 
• Stà lontano dai bordi dei laghi e dalle spiagge marine. 
Si possono verificare onde di tsunami 
• Evita di andare in giro a curiosare e raggiungi le aree di attesa individuate dal piano di emergenza comunale. 
Bisogna evitare di avvicinarsi ai pericoli 
• Evita di usare il telefono e l’automobile. 
E’ necessario lasciare le linee telefoniche e le strade libere per non intralciare i soccorsi
Dopo il terremoto 
• Assicurati dello stato di salute delle persone attorno a te. 
Così aiuti chi si trova in difficoltà ed agevoli l’opera di soccorso 
• Non cercare di muovere persone ferite gravemente. 
Potresti aggravare le loro condizioni 
• Esci con prudenza indossando le scarpe. 
In strada potresti ferirti con vetri rotti e calcinacci 
• Raggiungi uno spazio aperto, lontano da edifici e da strutture pericolanti. 
Potrebbero caderti addosso
Dal sito della Protezione Civile Nazionale

Cosa fare in caso di incendio boschivo.

Per evitare un incendio 
• Non gettare mozziconi di sigaretta o fiammiferi ancora accesi, possono incendiare l'erba secca.
• È proibito e pericoloso accendere il fuoco nel bosco. Usa solo le aree attrezzate. Non abbandonare mai il fuoco e prima di andare via accertati che sia completamente spento
• Se devi parcheggiare l’auto accertati che la marmitta non sia a contatto con l'erba secca. La marmitta calda potrebbe incendiare facilmente l’erba
• Non abbandonare i rifiuti nei boschi e nelle discariche abusive. Sono un pericoloso combustibile
• Non bruciare, senza le dovute misure di sicurezza, le stoppie, la paglia o altri residui agricoli. In pochi minuti potrebbe sfuggirti il controllo del fuoco
Quanto l'incendio è in corso 
• Se avvisti delle fiamme o anche solo del fumo telefona al 1515 per dare l’allarme. Non pensare che altri l'abbiano già fatto. Fornisci le indicazioni necessarie per localizzare l'incendio
• Cerca una via di fuga sicura: una strada o un corso d'acqua. non fermarti in luoghi verso i quali soffia il vento. Potresti rimanere imprigionato tra le fiamme e non avere più una via di fuga
• Stenditi a terra in un luogo dove non c'è vegetazione incendiabile. il fumo tende a salire ed in questo modo eviti di respirarlo
• Se non hai altra scelta, cerca di attraversare il fuoco dove è meno intenso per passare dalla parte già bruciata. Ti porti così in un luogo sicuro. Ma ricorda: se non hai altra scelta!
• L'incendio non è uno spettacolo, non sostare lungo le strade. Intralceresti i soccorsi e le comunicazioni necessarie per gestire l’emergenza.
Dal sito della Protezione Civile Nazionale

Arriva l'alluvione. Cosa faccio ?

CONSIGLI UTILI IN CASO DI ALLUVIONE, O FORTI NUBIFRAGI.

In caso di alluvione

Ricorda che durante e dopo le alluvioni, l’acqua dei fiumi è fortemente inquinata e trasporta detriti galleggianti che possono ferire o stordire. 
Ascolta la radio o guarda la televisione per apprendere eventuali avvisi di condizioni meteorologiche avverse. 
Macchine e materiali possono ostruire temporaneamente vie o passaggi che cedono all’improvviso: se non si è in fase di preallarme e non piove, poni al sicuro la tua automobile in zone non aggiungibili dall’allagamento; le strade spesso diventano dei veri e propri fiumi in piena.


Norme di comportamento
Prima (preallarme)
  • È utile avere sempre a disposizione una torcia elettrica e una radio a batterie, per sintonizzarsi sulle stazioni locali e ascoltare eventuali segnalazioni utili;
  • Metti in salvo i beni collocati in locali allagabili, solo se sei in condizioni di massima sicurezza;
  • Assicurati che tutte le persone potenzialmente a rischio siano al corrente della situazione;
  • Se abiti a un piano alto, offri ospitalità a chi abita ai piani sottostanti e viceversa se risiedi ai piani bassi, chiedi ospitalità;
  • Poni delle paratie a protezione dei locali situati al piano strada e chiudi o blocca le porte di cantine o seminterrati;
  • Se non corri il rischio di allagamento, rimani preferibilmente in casa;
  • Insegna ai bambini il comportamento da adottare in caso di emergenza, come chiudere il gas o telefonare ai numeri di soccorso.

Durante (allarme o evento in corso)
  • E’ preferibile concentrare nel momento del preallarme anche le operazioni previste nella fase di allarme o di evento in corso.
  • E’ fondamentale ricordare che la differenza tra il preallarme e l’allarme o evento in corso, può essere minima e di difficile previsione: è sufficiente che la pioggia si concentri in una zona ristretta per dar luogo a fenomeni improvvisi di inondazione.
In casa
  • Chiudi il gas, l’impianto di riscaldamento e quello elettrico. Presta attenzione a non venire a contatto con la corrente elettrica con mani e piedi bagnati;
  • Sali ai piani superiori senza usare l’ascensore;
  • Non scendere assolutamente nelle cantine e nei garage per salvare oggetti o scorte;
  • Non cercare di mettere in salvo la tua auto o i mezzi agricoli: c’è pericolo di rimanere bloccati dai detriti e di essere travolti da correnti;
  • Evita la confusione e mantieni la calma;
  • Aiuta i disabili e gli anziani del tuo edificio a mettersi al sicuro;
  • Non bere acqua dal rubinetto di casa: potrebbe essere inquinata.

Fuori casa
  • Evita l’uso dell’automobile se non in casi strettamente necessari;
  • Se sei in auto, non tentare di raggiungere comunque la destinazione prevista, ma trova riparo nello stabile più vicino e sicuro;
  • Evita di transitare o sostare lungo gli argini dei corsi d’acqua, sopra ponti o passerelle;
  • Fai attenzione ai sottopassi: si possono allagare facilmente;
  • Se sei in gita o in escursione, affidati a chi è del luogo: potrebbe conoscere delle aree sicure;
  • Allontanati verso i luoghi più elevati e non andare mai verso il basso;
  • Evita di passare sotto scarpate naturali o artificiali;
  • Non ripararti sotto alberi isolati;
  • Usa il telefono solo per casi di effettiva necessità per evitare sovraccarichi delle linee.

  • Dopo
  • Raggiunta la zona sicura, presta la massima attenzione alle indicazioni fornite dalle autorità di protezione civile, attraverso radio, TV e automezzi ben identificabili della protezione civile;
  • Evita il contatto con le acque. Sovente l’acqua può essere inquinata da petrolio, nafta o da acque di scarico. Inoltre può essere carica elettricamente per la presenza di linee elettriche interrate;
  • Evita le zone dove vi sono ancora correnti in movimento;
  • Fai attenzione alle zone dove l’acqua si è ritirata. Il fondo delle strade può essere indebolito e potrebbe collassare sotto il peso di un’ automobile;
  • Getta i cibi che sono stati in contatto con le acque dell’alluvione;
  • Presta attenzione ai servizi, alle fosse settiche, ai pozzi danneggiati. I sistemi di scarico danneggiati sono serie fonti di rischio.

Da tenere a portata di mano
E’ utile inoltre avere sempre in casa, riuniti in un punto noto a tutti i componenti della famiglia, oggetti di fondamentale importanza in caso di emergenza quali:
  • Kit di pronto soccorso + medicinali;
  • Generi alimentari non deperibili;
  • Scarpe pesanti;
  • Scorta di acqua potabile;
  • Vestiario pesante di ricambio;
  • Impermeabili leggeri o cerate;
  • Torcia elettrica con pila di riserva;
  • Radio e pile con riserva;
  • Coltello multiuso;
  • Fotocopia documenti di identità;
  • Chiavi di casa;
  • Valori (contanti, preziosi);
  • Carta e penna.
            Dal sito della Protezione Civile Nazionale

martedì 1 marzo 2011

Le origini della città di San Giovanni Rotondo sono da ricercarsi nell'età Neolitica (VI-V millennio a.C.) ed in particolare nel periodo in cui molte zone del Promontorio garganico venivano interessate dall'insediamento di piccoli villaggi di capannicoli ad economia agricola e pastorale, sia pure meno evoluta e sviluppata rispetto a quella di già esistente nella zone pianeggianti del Tavoliere. 


Queste prime comunità costituivano le cosiddette città del neolitico e caratterizzanti une vera e propria civiltà protourbana, con una facies ben definita, con usi e abitudini particolari. In molte zone del Gargano vi erano industrie che lavoravano la pietra focaia o la selce, usata in gran parte nella fabbricazione di lame , bulini, raschiatoi vari, attrezzi per la lavorazione e per la produzione stessa del fuoco. Molteplici erano le miniere e le officine litiche esistenti in questo periodo. Inoltre, il ricco mantello vegetale che ricopriva il Promontorio alimentava una fiorente industria del legno.
Gli abitanti dei villaggi neolitici del Tavoliere, oltre ad avere una grande necessità di selce, di legname, erano continuamente alla ricerca di pascoli e foraggio per il loro bestiame ed essi risalivano ogni anno il monte Gargano in primavera per ridiscenderlo in autunno inoltrato. Comunque, queste zone erano già frequentate in età paleolitica dal cacciatore appulo che, nomade per eccellenza, privilegiava aree lacustri e intensamente arborate, come la conca di Sant'Egidio, il lago di Lesina e di Varano.
Con il mutare delle condizioni climatiche e con il passaggio da una fase glaciale fredda ad un'altra boreale caldo umida(VI-V millennio a.C.) sul Gargano rifiorì tutta una civiltà agro-pastorale ed i capannicoli ivi dimoranti abbandonarono le attività predatorie della caccia e della pesca, divennero sedentari e praticarono l'agricoltura, dando origine a quella civiltà contadina che per millenni sarà una delle strutture portanti della società e dell'economia degli abitanti della Montagna Del Sole.
In questi villaggi neolitici gli abituri erano costituiti da capanne in gran parte circolari, con le pareti formate da tronchi intrecciati da rami e con un reticolato di stramaglie, il tutto cementato da un intonaco di argilla di cava cruda essiccata al sole. Costruzioni molto simili ai pagliai di cui erano disseminate le campagne pugliesi fino al X secolo d.C.
Con queste caratteristiche erano sorti, appunto, i primi insediamenti preistorici nel territorio di San Giovanni Rotondo e nella piana del Marchese-Mezzanelle. I villaggi erano a strutture capannicole e molto probabilmente seguivano il solito schema a semicerchio o a C, con fossato intorno che aveva la duplice funzione di difesa e di raccolta delle acque.
Questi insediamenti neolitici venivano abbandonati a causa di fenomeni atmosferici e climatici che interessarono molte zone del promontorio e che mutarono considerevolmente l'ambiente fisico ed umanizzato del territorio stesso.                       Gli abitanti del suddetti villaggi si spostarono verso Est e sulle Coppe circostanti a Sud-Est, Sud-Ovest, precisamente nelle alture, nelle vallate circostanti, si rifugiarono nelle caverne ivi esistenti e dettero luogo, così, ai primi insediamenti rupestri, alcuni dei quali furono frequentati fin dall'Alto Medioevo (Coppa Avatra, Coppa Masselli, Valle dell'Inferno, Grotta del Brigante, Valle Grande, Grotta del canale delle Carrozze).
 In questo periodo (VI-V millennio a.C.) molte spelonche garganiche si trasformarono  in luoghi di frequentazione suntuaria per culti e riti riguardanti la fertilità della terra e la preziosità delle acque.
In piena età eneolitica (III millennio a.C.) queste caverne furono in gran parte  abbandonate e gli abitanti, influenzati dalla nascente civiltà protoappenninica, cominciarono a privilegiare siti posti sulle alture e che potevano benissimo prestarsi alle attività pastorali cui essi erano in gran parte dediti.

Brano tratto da "Le origini di San Giovanni Rotondo"
Autore-Salvatore Antonio Grifa
-Edizioni Bisanum-